IL ‘CASANOVA’ DI HERLITZKA : UN PERSONAGGIO IN CERCA D’ONORE
Il ‘Casanova’ di Roberto Herlitzka al teatro Arcobaleno di Roma dal 22 gennaio all’8 febbraio 2015.
di Sebastiano Biancheri
Al teatro Arcobaleno di Roma dal 22 gennaio all’ 8 febbraio 2015 va in scena ‘Casanova’, opera drammatica scritta da Roberto Cappuccio e interpretata da Roberto Herlitzka con la regia di Nadia Baldi. L’ambientazione è il maniero del conte di Waldstein a Dux, in Boemia, dove lo scrittore ha trascorso gli ultimi tredici miserevoli anni come bibliotecario; ospite indesiderato, schernito dalla servitù, messo al bando e sbeffeggiato da un maggiordomo volgare e insolente, Giorgio Faulkircher che ignorava chi fosse ‘il cavaliere di Seingalt’ e si rifiutava di servirgli i pasti in camera. E’ un Casanova stremato, spogliato del personaggio che ha dovuto interpretare per una vita, reietto e disperato ma non domo, inesorabilmente solo. E’ il 4 di giugno dell’anno di grazia 1798. Trascorre l’ultima notte nel buio di una squallida stanza; ha con sé la valigia che ha trascinato lungo i corridoi umidi del castello. E’ la resa dei conti. Ridotto a relitto umano, è in preda alla febbre e delira.
L’incipit è già un urlo straziante che lacera la platea attonita: ‘Aprite aprite…’ reiterato, sofferto, viscerale… ‘Bolle di vaiolo sulla faccia di una notte fredda e tempestosa… ‘ L’annuncio di una festa imminente al castello desta all’alba la sua anima e la sbrigativa intimazione di cedere la dimora per un ‘altrove’ più modesto sa di premonizione fatale. I ricordi trionfanti di una vita randagia e altera scuotono la mente ma l ’uomo non ha più nulla da elargire. Non c’è più tempo. Un mondo sospeso avvolge atmosfere rarefatte eppure carnali: una sorta di sabba in cui il libertino di un tempo è alla gogna, dileggiato da cinque fantasmi femminili evocati dalla sua coscienza, creature ambigue animate che avviano un processo inquisitorio senza appello. Una di queste inquietanti presenze sconosciute, ‘la straniera’, sa troppe cose e Giacomo affronta il giudizio in terza persona, negando la propria identità per diffidenza, per non concedere vantaggio alcuno a chi conduce il macabro gioco. Ripercorre barlumi di una fanciullezza difficile, l’assenza dei genitori, la nonna paterna, la salute malferma, i sortilegi di una fattucchiera che avrebbero propiziato negli anni la sua iniziazione alle pratiche magiche. Il duello a Varsavia con il conte Branicki per riparare ad un’offesa ricevuta è uno degli episodi che testimoniano il valore e il coraggio dell’uomo ma che hanno segnato profondamente l’animo sensibile di Casanova. La rappresentazione, di grande effetto, si sofferma con dovizia di particolari su una vicenda magistralmente descritta dallo scrittore in uno dei suoi racconti più celebri. La fuga rocambolesca dal paese di un Casanova ferito è accompagnata dallo strepito assordante delle eteree creature. L’incontro con Henriette, nobildonna francese, il suo più grande amore. La passione per un cantante sedicente castrato, in realtà Teresa, la scandalosa relazione con Marina Morosini, una suora, e poi un’altra. Seduttore e sedotto…sedotto ora dalla violenza del silenzio che lo opprime…Nel memoriale ‘L’histoire de ma vie’ Casanova rivela il suo incondizionato generoso amore per l ’universo femminile, popolato di donne colte e consapevoli, libere e mai soccombenti, e di contro il tributo versato in termini di malattie veneree, accuse infamanti, derisioni di ogni tipo, esilio, restrizione della libertà. Dopo aver divertito le donne e le corti di mezza Europa, è l’innocente vittima sacrificale in un processo farsa a cui oppone la propria buona fede, la serenità e onestà di pensiero mai venute meno; una difesa socratica, inattaccabile, ma il giudizio è già scritto. La reclusione nella prigione veneziana dei Piombi e l’ardita fuga in compagnia del frate Marino Balbi è un altro capitolo doloroso che viene narrato minutamente e con compiacimento. La sentenza con le accuse di libertinaggio e di blasfemia, come l’entità della pena, non gli verranno mai notificate. Il contradditorio con le sue inquisitrici è serrato e l’ironia e il sarcasmo sono i topoi dialettici che si rincorrono mentre appronta un tentativo disperato di rinnegare se stesso. La drammatica rievocazione di quei momenti acuisce in Casanova il desiderio della morte, ma anche l’insopprimibile voglia di uscire per l’ultima volta, deriso dalle starnazzanti carnefici che infieriscono sguaiate senza pietà. Lo stoicismo di Zenone non può più infondere residua sopportazione al prigioniero stremato. Casanova tra le pieghe della mente cerca di ricordare; per l’ennesima volta alla creatura metafisica che più di ogni altra ha provocato le sue confessioni pone la domanda ‘Chi siete?’ L’enigmatica creatura, ‘la straniera’, non ha più freni. Il confronto preannuncia l’epilogo e la rivelazione. L’uomo che fuggiva da se stesso finalmente annuncerà la propria identità alla creatura sconosciuta che dichiarerà di essere lui stesso. Non più estranei, il fantasma della giovinezza e il fantasma della vecchiaia legati indissolubilmente: il primo che fuggiva il secondo e il secondo che temeva di perdere il primo. Il senso di autocoscienza finalmente ricomposto libera l’anima e introduce il culmine della rappresentazione. Due momenti di rara intensità drammatica chiudono la narrazione e danno la misura di come l’arte e l’immaginazione possano decretare la forza ieratica di un gesto, di un lamento, di un verso; la suggestione scandisce il tempo ed è rapimento estatico… ‘Dicono che io sappia tutto sull’amore. Si ingannano. E’ l’amore che sa tutto di me. Io sono soltanto il capro espiatorio della passione che agita l’umanità…Il mondo voleva un seduttore… gliel’ho regalato. Io sono Giacomo Casanova, fragile come un piccolo specchio di Murano. Quando ero ancora bambino lo specchio cadde e andò in frantumi. Per tutta la vita ho cercato di rimettere insieme tutti i pezzi. Per ritrovare la mia innocenza, per sapere chi fossi davvero… Io sono uno scrittore. Io sono sempre e soltanto stato uno scrittore. Ho scritto molto, sulla carta, anche al buio, … col succo delle more…, con le unghie… Ho scritto sulla vita, sulla pagina d’acqua cangiante della vita… Non se n’è accorto nessuno… Ho scritto sui corpi delle donne, sui tetti di piombo di Venezia. Se ne sono accorti tutti. Il personaggio si è mangiato lo scrittore. Casanova ha divorato Casanova. Eppure io ho fiducia nel sorriso del tempo…’ Il monologo finale ’Ho visto…’ è da antologia del Teatro. ‘Ecco. Ci siamo. E’ buio. Sorridete, Signora. Datemi la mano.’ E’ la catarsi liberatoria. L’atto conclusivo della vicenda umana di uno dei più controversi letterati nonché invidiati ed avversati libertini del nostro tempo si è compiuto.
Siamo di fronte ad una interpretazione superlativa di un attore, Roberto Herlitzka, che ha impersonato un Casanova maturo, tormentato, volutamente inedito, fondendosi in lui con vibrante intensità e rivestendolo di fierezza, ironia e straripante forza magnetica: un cannibale della scena.
L’opera di Ruggero Cappuccio è di fatto la riabilitazione dello scrittore e dell’uomo. Vuole essere un testamento spirituale. E’ la rivincita postuma che Casanova merita e avrebbe condiviso. L’avere vissuto la propria esistenza pienamente, spesso in modo socialmente sconveniente, senza schematismi che ne avrebbero imbrigliato la natura, è stato l’insulto che la società dell’epoca e i benpensanti sempreverdi non gli hanno mai perdonato. Il prezzo devastante pagato dal proprio narcisismo al mito di una vita vissuta come opera d’arte è stato lo smarrimento della propria identità agognata e tardivamente ritrovata.
La singolare stesura dell’autore merita considerazione perché riconsegna onore, dignità e meriti ad un gentiluomo veneziano illustre, colto e raffinato, e ridimensiona in un colpo certa storiografia di maniera che ha enfatizzato impunemente l’avventuriero e mortificato la modernità dello scrittore e il multiforme ingegno dell’uomo. Una riduzione teatrale esemplare.
La regia di Nadia Baldi, tra realtà e sogno, è appropriata alla tecnica drammaturgica adottata, al di là di alcuni eccessi che potevano essere resi meno spettacolari; mi riferisco al cicaleccio urlante e a volte incomprensibile che diviene scherno ad opera delle visioni femminili, in particolar modo a corollario della fuga dai Piombi.
Marina Sorrenti è la maliante, convincente ‘straniera’. Apprezzabili le interpretazioni delle attrici Franca Abategiovanni, Carmen Barbieri, Giulia Odori e Rossella Pugliese, figure femminili del coro che istituisce il processo e fa da controcanto del dramma.